Ho raccolto qui un po' delle considerazioni che nel corso degli anni ho potuto fare e inviare su di Usenet su di una tipica pseudoteoria fisica, la cosiddetta " Teoria Ondulatoria del Campo" (TOC) di Walter E. R. Cassani. Le presento qui perché mi sembra un modo interessante di illustrare in che cosa consista la fisica teorica, ovvero tramite il confronto con ciò che vuole essere fisica ma in realtà (al di là della facciata "scientifica" che cerca di darsi1, e che può ingannare di primo acchito) fisica non è. (Altre considerazioni più concise si possono trovare nella rubrica "chiedi all'esperto" di Vialattea).
La ragione della mia scelta della TOC è primariamente dovuta al fatto che ho avuto modo di conoscerla tramite libro, sito Web e discussioni con l'autore stesso; inoltre il fatto che il libro sia stato diffuso ampiamente nelle librerie può avere ingenerato in molti l'impressione che si tratti di una teoria seria (sulla base della nota e comunissima fallacia secondo cui "ciò che è stampato è vero"), cosa che come intendo dimostrare è del tutto erronea.
È a malapena il caso di sottolineare che ciò che segue non pretende di essere né esaustivo né particolarmente profondo od accurato, ma solo una esposizione rapida e, come tale, a volte sorvola su precisazioni e sottigliezze che sarebbe necessario fare. Nondimeno, penso che le idee di base siano corrette.
Per non intralciare troppo il filo della discussione alcune argomentazioni ed esempi illustrativi sono state spostate, parte in note e parte in link. Si possono saltare ad una prima lettura, ma sarebbe bene leggerle in seguito.
Una teoria fisica deve consistere in una sequenza di passi logici il più possibile rigorosi (e non mi riferisco necessariamente al rigore matematico), derivanti da un certo numero di assunzioni ("assiomi"), in modo da fornire una previsione di eventi e fatti sperimentali con un margine minimo di ambiguità. Se è necessario introdurre ipotesi addizionali, queste vanno esplicitate e per quanto possibile giustificate. Ed i risultati devono essere quantitativi, posti in contatto sistematico con l'esperienza e va mostrato come siano compatibili, ed in che regime, coi risultati di altre teorie ben corroborate.
Esplicitando: la fisica è una scienza quantitativa, pertanto "spiegare i fenomeni" significa, in ultima analisi, poter dare previsioni quantitative in accordo con i risultati degli esperimenti. Per dare previsioni quantitative - numeri, insomma - non esiste altro modo sensato che usare la matematica: cioè effettuando una deduzione matematica la più possibile rigorosa dai principi posti a base della teoria (e bisogna che i principi scelti siano adatti ad una trattazione matematica). Questo non significa che una teoria sia solo una serie di passaggi matematici: nemmeno negli articoli o nei libri di matematica pura si trovano solo quelli (sarebbe possibile scrivere tali articoli o libri in modo puramente formale ma non lo si fa praticamente mai, perché renderebbe la lettura pesantissima e sarebbe, in fin dei conti, inutile). C'è però una bella differenza tra un discorso che si affianca alla struttura matematico-deduttiva e ne collega e giustifica i passaggi ed uno che sostituisce questa struttura.
Questa insistenza sulla quantificazione non è un puntiglio, ma una caratteristica fondamentale della Fisica moderna sin dagli inizi. Secondo Popper - autore che Cassani ama citare senza evidentemente averlo capito - la caratteristica della scienza è che le previsioni devono poter essere messe in potenziale conflitto con l'esperienza tramite esperimenti: se il risultato della teoria non è in disaccordo con quello dell'esperimento ha passato la prova e la nostra fiducia in essa cresce. Ora, in fisica una previsione non quantitativa, salvo casi rari, è difficilmente falsificabile: quale esperimento può fornire un risultato in disaccordo con un numero ignoto? In questo caso, solo esperimenti con risultato "si/no" sono possibili, e questi sono ben meno potenti nel discriminare teorie di quelli in cui si cercano numeri precisi2.
Infine la teoria deve essere pubblicata con il dettaglio necessario su riviste specializzate, in modo da poter essere conosciuta dagli altri specialisti ed esserne soggetta all'esame critico. L'autopubblicazione non ne è un sostituto.
A queste se ne possono aggiungere altre:
Prendiamo ad esempio la meccanica celeste classica. In essa si parte da un insieme di leggi fondamentali (le leggi della dinamica più quella di gravitazione universale), si scrivono e si risolvono le equazioni del moto, infine si calcola quali sono le posizioni previste degli astri sulla sfera celeste e le si confronta con le osservazioni astronomiche. In generale si dovrà far ricorso ad approssimazioni, ma in ogni caso si cerca di ottenere un risultato quanto più preciso e non ambiguo possibile.
Nulla di simile appare nell'opera pubblicata di Cassani3. Sì, compaiono alcune formule, ma se si va a vedere come sono state ottenute si rizzano i capelli in testa (sto pensando per esempio alla presunta deduzione del valore della costante di struttura fine, che è una vera sagra di errori di ogni tipo). E le predizioni quantitative di risultati di esperimenti si contano comodamente sui pollici: per esempio, dove mai viene data una formula, anche approssimata, per la frequenza di fusione del Deuterio nel Palladio? (senza contare che il suo discorso su questo problema non sta in piedi nemmeno qualitativamente.) Se si vuole spiegare la fusione fredda (ammesso che questo fenomeno esista, cosa di cui moltissimi dubitano), come vuol fare Cassani, questo è un passaggio obbligato, ma ahimé non si trova scritto nulla.
Il fatto è che Cassani, come può vedere chiunque abbia letto un po' delle cose che ha scritto, considera "spiegato" un fenomeno, o dedotta una formula, semplicemente se può accennare - verbalmente - ad un modo in cui pensa che il risultato si potrebbe ottenere. E questo tipo di ragionamento nel migliore dei casi è cattiva metafisica, non fisica.
Se una teoria gode o ha goduto di largo successo ed ha spiegato un gran numero di fenomeni, i sostenitori di ogni teoria che intenda soppiantarla devono premurarsi - e di fatto si sono sempre premurati - di far vedere come la vecchia abbia potuto funzionare così bene pur non essendo completamente corretta. Ce n'è bisogno quantomeno per evitare di dover ridedurre da capo tutti i risultati corretti, o approssimativamente tali, che si ottenevano dalla teoria precedente; vale a dire per mostrare che il potere esplicativo della nuova teoria è almeno pari a quello delle vecchia.
Nel caso della Relatività nei confronti della Meccanica Classica, per esempio, questo si ottiene osservando che i moti con cui si ha normalmente a che fare sono lenti rispetto alla velocità della luce e mostrando che le formule relativistiche si riducono alle formule della MC nel limite di piccole velocità (nel caso della Meccanica Quantistica rispetto alla Classica è un po' più complicato ma si fa lo stesso). Per cui i successi della meccanica celeste newtoniana, che riguardano moti lenti, possono legittimamente ed automaticamente essere visti come successi anche della Relatività: un sostenitore ad oltranza di Newton non ha modo di usarli come prova che la MC è preferibile a quella relativistica, visto che in quel regime esse in pratica coincidono.
Nel caso della teoria di Cassani rispetto alla MQ... stiamo ancora aspettando. E questo vuol dire che nessuno delle migliaia di fenomeni di cui la MQ può vantare al suo attivo la previsione o la spiegazione quantitativa può essere visto come un successo della TOC, se non viene esplicitamente dedotto quantitativamente da quest'ultima, cosa che non è ancora successa per nessun fenomeno. La capacità predittiva della MQ è dunque, allo stato attuale delle cose, infinitamente superiore a quella della TOC.
A quanto scrive Cassani stesso, al suo libro venne rifiutata la pubblicazione da parte della Fondazione De Broglie, che ha fra i suoi scopi istituzionali quello di promuovere gli studi sulle fondamenta della Meccanica Quantistica, specialmente quelli non convenzionali.
Perché gli editori avrebbero dovuto rifiutare i suoi scritti? Non certo per opposizione di principio. Il campo dei fondamenti della Meccanica Quantistica è infatti vivace e di teorie più o meno audaci che mirano ad interpretare (e talvolta anche a sostituire) la MQ in manera non convenzionale ce ne sono parecchie4. Certo che per un outsider è più difficile pubblicare, ma anche Einstein era un outsider quando pubblicò la sua incredibile teoria. La differenza sostanziale tra le teorie ardite ma serie e le pure fantasie è che le prime sono trattate con un rigore che gli autori delle seconde non conoscono.
Ma perché il filtro delle riviste (il mezzo usuale per la pubblicazione di risultati scientifici) e dei relativi "referees" o "peer-reviewers" (le persone che sono incaricate dalle riviste o dalle case editrici di esaminare preliminarmente i manoscritti) è considerato così necessario, e perché quasi nessuno scienziato di professione è disposto ad esaminare teorie o dati non pubblicati? Per la solita ragione: ars longa, vita brevis; non si può esaminare tutto.
Il sistema attuale di pubblicazione scientifica è tutt'altro che perfetto, ma nessuno è riuscito a trovare un'alternativa efficace al sistema di peer-review per scremare i lavori degni di considerazione da quelli palesemente insufficienti o errati. Chi salta o non è capace di superare questo filtro non può pensare di essere preso in seria considerazione. Certo che se in un manoscritto il referee legge strafalcioni come (tanto per citare un paio di esempi dalla TOC) la costante di Planck h misurata in secondi/metri e il rapporto c/h espresso in Kg5, o una "deduzione" della costante di struttura fine che fa venir voglia di piangere, è impossibile che dia disco verde per la pubblicazione, e forse non arriva nemmeno a leggere fino alla fine. E questo nulla ha a che fare con la chiusura o apertura mentale del referee: questo è il modo consueto in cui gli outsider che proclamano di avere idee o capacità eccezionali senza averlo dimostrato sono trattati nella vita reale, e ben pochi se ne scandalizzano. Chi prenderebbe lezioni di guida sportiva da un neopatentato che finisce fuori strada due volte la settimana?
Una scusa spesso avanzata dai propugnatori di teorie "eretiche" per giustificare il rifiuto delle loro idee da parte della comunità scientifica è che i fisici di professione vogliono "mantenere il proprio cadreghino" [Cassani], vale a dire ai propri interessi di bottega (reputazione, carriera, posti di lavoro, finanziamenti). Superficialmente questo suona credibile6, ma non regge ad un esame più accurato.
Per rendersene conto basta chiedersi: quali scienziati che abbiano lavorato seriamente su teorie poi rivelatesi errate sono stati messi in ridicolo (se non, forse, in qualche libro di pessima divulgazione)? E quanti fisici "classici", per esempio, hanno perso lavoro o finanziamenti nel momento in cui la Teoria della Relatività o la Meccanica Quantistica sono state riconosciute valide? Direi che la risposta ad entrambe le domande sia "nessuno", anzi per quel che riguarda la seconda si è assistito ad una esplosione della fisica in tutte le salse, con conseguenti succulente prospettive per tutti.
Nella mia vita professionale, per esempio, non cambierebbe una virgola nel caso assai inverosimile in cui la pseudoteoria di Cassani (o simili pseudoteorie di altri) fosse improvvisamente riconosciuta come vera, visto che mi occupo di Fisica degli Stati Condensati dove la Relatività è quasi assente e la Meccanica Quantistica funziona benissimo. Gli unici a rimetterci sarebbero, forse, certi personaggi di punta della fisica attuale che dovrebbero buttare via una parte del loro lavoro e rischierebbero di vedersi soffiare il premio Nobel - che hanno scarse probabilità di ottenere comunque: di Nobel teorici in fisica delle particelle e in campi similari ce ne sono stati un paio nell'ultima ventina d'anni. Ma si tratta di poche persone, e comunque ce ne sono tante altre che non vedrebbero l'ora di saltare per primi sul carro di una teoria nuova e potente per rendersi famosi. Perché non lo fanno? Al lettore la non difficile risposta.
Spunto finale di riflessione: Einstein - che a differenza degli pseudoscienziati alla Cassani si rivolgeva agli specialisti, sconvolgendo invece con le sue idee la gente comune - pubblicò i suoi articoli rivoluzionari nel 1905, quando era quasi del tutto sconosciuto. Otto anni dopo, nel 1913, aveva ricevuto un dottorato, gli erano state offerte cattedre a Praga, Vienna, Zurigo, Utrecht ed altrove, Lorentz lo aveva indicato come suo successore, era stato ammesso all'esclusiva Accademia Prussiana delle Scienze, invitato alle celebri conferenze Solvay, proposto più volte per il Nobel, ed un noto fisico aveva scritto un libro sulle sue teorie7. È un caso che dopo un tempo più che doppio8 Cassani non abbia avuto alcun tipo di riconoscimento, né abbia convinto alcun fisico di professione? O vogliamo credere che il mondo accademico di cento anni fa, ingessato e gerarchico (specie quello di lingua tedesca9), un mondo dove la fisica classica dominava senza mai essere stata messa in discussione, fosse tanto più aperto alle novità ed agli outsider di quello di oggi?
La "teoria" di Cassani, come molte delle pseudoteorie che si trovano in giro, non mira a risolvere un problema della fisica, mira a risolvere i problemi aperti della fisica, dalla Grande Unificazione alla Fusione Fredda. Non è bello? Eppure il solo fatto che nessuno sia mai riuscito a risolvere tutti i problemi aperti della fisica del suo tempo dovrebbe suggerire un po' di sano scetticismo.
Cassani sembra pensare che affastellare "spiegazioni" nel senso inteso da lui (cioè qualitative e con minimo rigore) di tantissimi fenomeni sia il modo migliore di dimostrare la potenza della sua teoria; ma è vero il contrario.
Il modo corretto di procedere, quello che avrebbe una possibilità di convincere gli scettici, sarebbe: selezionare alcuni problemi importanti, studiarli a fondo a partire dall' insieme di assiomi ed equazioni fondamentali, mostrare che per quei casi la teoria e le sue equazioni funzionano quantitativamente e almeno altrettanto bene delle rivali, e solo dopo applicarla (e questa fase può richiedere secoli) a tutto il resto.
Per esempio, i famosi articoli di Einstein sulla Relatività Ristretta è esaminano in dettaglio problemi come l'induzione unipolare e "minuzie" del genere. Ma è stato grazie all'analisi rigorosa - e quantitativa - di questo tipo di minuzie che gli altri fisici si sono convinti che qualcosa di buono nelle idee di Einstein c'era. L'estensione al problema della gravitazione richiese oltre un decennio ed una serie di articoli via via più precisi e matematizzati (Einstein dovette farsi insegnare la geometria differenziale dall'amico Marcel Grossman10, e fu forse il primo fisico puro ad impararla).
Oppure prendiamo Niels Bohr, che da giovane e semisconosciuto ricercatore introdusse l'idea della quantizzazione delle orbite atomiche: non fondò la Meccanica Quantistica in una volta sola, ma risolvendo quantitativamente un particolarissimo ma importante problema aperto costrinse il mondo scientifico, più nolente che volente, a prendere le sue idee in considerazione.
Questo è il metodo seguito da quando la fisica esiste11. Ricordiamo che Kepler passò vent'anni della sua vita a calcolare l'orbita di Marte (per risolvere una discrepanza di otto minuti d'arco!), e divenne famoso per quel lavoro, mentre delle sue elucubrazioni mistico-cosmologiche è rimasto ben poco, anzi rischiarono di far passare inosservati i suoi risultati importanti. È inutile lanciarsi in arditi voli nell' universo quando non si sa nemmeno se la propria casa sta in piedi. Ed è futile lamentarsi che non ti si fa giocare se non conosci o non rispetti le regole del gioco.
Scientificamente non si guarda alla "realtà intima" della materia, ma a come essa si comporta ed alle leggi cui obbedisce. Ad ogni istante della storia ci sarà un livello "sotto il quale non si può guardare", un livello che bisogna accettare senza spiegazione; la fisica è per definizione fenomenologica, ed in questo sta la differenza con la metafisica. Newton, per esempio, si rifiutò di dare una spiegazione della sua legge di gravitazione ("Hypotheses non fingo") nonostante lui stesso trovasse il concetto di azione a distanza insoddisfacente, e la legge dell'inverso del quadrato inspiegata; ma di certo non considerava la sua teoria da buttare per questo.
"Aprire la scatola" si può e si deve fare quando è necessario per unificare concetti o fenomeni, o per predirne di nuovi; ma, in assenza di ciò, non c'è proprio nulla di sbagliato nel lasciarla chiusa. Di certo la mancanza di un "meccanismo soggiacente" non è un buon motivo per rifiutare una teoria fondamentale: se così facessimo, dovremmo rifiutarle tutte.
Qualcuno potrebbe pensare "D'accordo, la teoria così com'è non va bene, ma le idee sono interessanti e bisognerebbe che qualcuno le sviluppasse". Ma non si può chiedere che qualcun altro faccia il proprio lavoro; se l'ideatore di una teoria non è in grado di giustificarla adeguatamente non può pretendere che lo facciano altri che non ne sono interessati né convinti. In proposito rinvio a quanto detto più sopra riguardo ad Einstein e Grossman; Newton fu addirittura costretto ad inventarsi la matematica che gli serviva.
Ci sono poi buone ragioni di pensare che anche le idee di base della TOC non stiano in piedi. Prendiamo due esempi.
Un modello spaziotemporale a reticolo discreto, come quello che usa Cassani, non potrebbe essere isotropo, nonostante ciò che dice il Nostro. Col termine isotropia si intende la proprietà dello spazio di apparire lo stesso in qualunque direzione lo si guardi. Se lo spazio non fosse isotropo i risultati delle misure che effettuiamo - per esempio della velocità della luce - dipenderebbero dall'orientamento del laboratorio nello spazio, e nessun effetto del genere è stato finora osservato.
Schild - l'ideatore del modello di spazio discreto succitato - dice che il suo spazio "ha un alto grado di isotropia" ma riconosce che non è completamente isotropo [Physical Review 73, 414 (1948)]. Inoltre anche le oscillazioni elastiche di un simile spazio sono in generale fortemente anisotrope, come sa chiunque abbia studiato un po' di teoria dei reticoli elastici 12. In effetti nei cristalli la velocità delle onde elastiche a grande lunghezza d'onda (le onde sonore) varia anche del 30-40% a seconda della direzione. La TOC quindi prevederebbe una forte anisotropia dello spazio, in contrasto con tutte le osservazioni.
Vediamo poi un'altra delle idee di base: il fatto che la deviazione gravitazionale della luce sia diversa da quella predetta dalla Relatività Generale. Andrebbe aggiunto, secondo Cassani, un termine a=l/r, dove l è la lunghezza d'onda della luce ed a l'angolo di deviazione. Lasciamo da parte il fatto che questa formula non è una correzione alla Relatività Generale che Einstein ha tralasciato perché piccola, ma è nettamente incompatibile con i principi della RG; questo sarebbe il meno.
Prima di tutto: che cos'è r? Quando Cassani introduce la formuletta, la addiziona alla formula classica della deviazione dei raggi di luce, dove r è la distanza dal centro di massa, quindi r anche in questo caso è la distanza dal centro di massa del corpo deviante. E non può che essere così, visto che in caso contrario avremmo un effetto gravitazionale che non dipende dalla distanza, dunque un raggio di luce sarebbe deviato nello stesso modo da un elettrone che si trova qui, da uno in Australia, da uno sul Sole, da uno su Proxima Centauri, ... il che è chiaramente assurdo.
Ma allora a non dipenderebbe dalla massa deviante; avremmo un effetto gravitazionale che non dipende dalla massa (né tampoco dall'energia), anzi da nessuna caratteristica della particella deviante, il che è evidentemente un nonsenso. Vorrebbe dire che la deviazione di un raggio di luce attorno ad un punto è la stessa se nel punto c'è un elettrone, od un protone, od un mattone. Vorrebbe dire che se un fascio di microonde di lunghezza d'onda l=1 metro passa ad una distanza r=1 metro da un qualunque oggetto materiale viene deviato di a=l/r=1 radiante = 57o. È chiaro che un effetto così vistoso - per dirne una, renderebbe impossibile usare radar e telefoni cellulari - non si verifica.
Mettere in fila un po' di idee, e collegarle insieme verbalmente in modo che suonino superficialmente come un discorso scientifico, in effetti non è difficile. Di questo uno si rende conto facilmente navigando un po' in rete in qualcuno fra le centinaia di siti di "scienza alternativa", di cui si può trovare una lista, molto parziale, al sito crankdot net.
Il punto finale, e fondamentale, è che le idee sono sì il succo della fisica, ma semplicemente averne, di per sé, non basta; bisogna dimostrare che funzionano. E questa seconda cosa è molto più difficile, ahimé, della prima. Non per nulla noi ricordiamo la legge della gravitazione universale sotto il nome di Newton e non di Hooke.
Temo che il modo in cui si insegna e si divulga la fisica ingeneri involontariamente dei forti pregiudizi: ci vengono presentate quasi solo le teorie e le idee che hanno avuto successo, con un'aria quasi di inevitabilità, e le altre sono trattate di sfuggita o ignorate. Il risultato è di dare l'impressione che tutte le "belle idee" siano state coronate da successo, trascurando tutte quelle, e sono tante, che giacciono nella fossa comune delle teorie morte.
Cassani ha recentemente aggiunto un commento ad una versione precedente di questa pagina sul suo sito. Buona parte di ciò che scrive è pura invettiva, facile da riconoscersi come tale. Per esempio l'accusa di aver scritto questa pagina Web (accessibile a tutto il mondo!) "nella speranza di sottrarsi al contraddittorio" è piuttosto ridicola, soprattutto considerando che gran parte di quanto è scritto qui è già comparso, a più riprese, sui newsgroup it.scienza e it.scienza.fisica.
Altre asserzioni sono già confutate in partenza: per esempio, riguardo all'ostracismo da parte della comunità scientifica, non si rende conto che è proprio l'incapacità di ottenere il sostegno di un Planck - od anche di un qualunque fisico a livello più basso - ad essere un pessimo segno per lui: era proprio questo il mio punto! Oppure il suo negare che la Fondazione De Broglie si occupi dei fondamenti della Meccanica Quantistica, quando questo è scritto esplicitamente nel sito della Fondazione stessa.
Ci sono poi delle vere e proprie falsità. Per esempio vi si dice che l'astronomo Halton Arp non riesce più a pubblicare su riviste scientifiche, asserzione totalmente smentita da una rapida ricerca sul database della NASA (se lo visitate, ricordatevi di cliccare su tutte le caselle accanto al nome Arp e dopo di premere Send; in alternativa c'è un database, meno completo, della Dialog) di pubblicazioni astronomiche ed astrofisiche. Vi si trova la referenza ad un centinaio di sue pubblicazioni a partire dal suo trasferimento al Max-Planck-Institut di Garching - che non è un ghetto scientifico, ma uno dei principali centri di ricerca astronomica d'Europa se non del mondo - nel 1986 fino ad oggi, con un'ottima media di quasi sette all'anno (quasi tutti sui suoi tipici argomenti di lavoro: quasar, redshift, galassie lontane, ecc.). Se questo è ostracismo, voglio essere ostracizzato anch'io! Questo stesso tipo di ignoranza o distorsione dei fatti si ritrova in altri punti degli scritti di Cassani, per esempio quando parla della cosiddetta "Quinta forza".
Infine, si menziona una serie di risultati sperimentali "predetti" dalla TOC. Quel che non viene detto è che nessuno di questi risultati è mai stato espresso in forma quantitativa, l'unica che ha vera cittadinanza in Fisica. L'unica formula che compare (la figura A1 nel cap. 14 del sito Web) è peggio che sbagliata: è priva di senso.
Volendo fare l'avvocato del diavolo, e senza sottilizzare troppo sul modo in cui sono ottenute, un paio di predizioni numeriche (che Cassani nel suo commento stranamente non cita) se ne trovano: abbastanza, appunto, da poter essere contate sui pollici. Una riguarda l'effetto Compton; per questa non esistono evidenze sperimentali dirette né a favore né contro (ma esistono evidenze indirette contrarie). L'altra riguarda la massa delle particelle elementari: quella del muone p.es. sarebbe 137*3/2 = 205.5 volte maggiore di quella dell'elettrone, il che è sbagliato: il valore sperimentale è 206.76827 con incertezza sulla 5^ cifra decimale. Riguardo al pione non è chiaro se Cassani si riferisca a quello neutro od a quello carico; anche nel caso migliore - pione carico - il risultato di 274 è in disaccordo col valore sperimentale di 273.127 (incertezza sull'ultima cifra). Forse non è un caso che Cassani si tenga sul qualitativo...
0. A. Rupert Hall, From Galileo to Newton (Collins 1963), cap. X; edizione italiana Feltrinelli (1982).
1. Si tratta di un bell'esempio di ciò che Feynman in un famoso discorso chiamava "cargo cult science". In altre parole, si tratta di una simulazione di una teoria fisica: anzi, della divulgazione di una teoria fisica. Questo spiega perché un profano la legge e crede di capire, esattamente come crede di capire la fisica vera dalla sua divulgazione. Un fisico cerca di trovarci una teoria degna di questo nome, e non trovandola dice - quando vuol essere gentile - "non ci capisco niente".
2. Si veda anche K.R. Popper, La Logica della Scoperta Scientifica, (ed. it. Einaudi 1970) par. 37.
3. Si potrebbe obiettare che i calcoli forse esistono e che nel libro non compaiono perché in un' opera divulgativa sarebbero fuori posto. Si tratta di un'obiezione che non regge: in primo luogo, poco costerebbe esporre i calcoli (se esistessero) nel sito Web, almeno scheletricamente; secondo, nelle discussioni su Usenet Cassani mai ha mostrato un calcolo serio e dettagliato, nonostante ripetute sollecitazioni (si veda per esempio una recente discussione su sci.physics, e il suo improvviso rifiutarsi di proseguire la discussione sul sito di Quaestiones); terzo, in ogni discussione Cassani stesso ha indicato il libro come fonte principale, perciò su quello bisogna basarsi; quarto, essendo la scienza un'attività pubblica e non una esoterica, ciò che non è pubblicato di fatto non esiste (è una ragione per cui il criterio di "pubblicazione" è importante).
4. Si veda per esempio l'articolo di G. Ghirardi in Filosofia della Fisica, a cura di G. Boniolo (Bruno Mondadori, 1997); oppure, dello stesso autore, Un'occhiata alle carte di Dio (Il Saggiatore, 1997).
5. Nel caso qualcuno pensasse che si trattasse di un errore di stampa, Cassani su Usenet ha confermato che secondo lui h ha le dimensioni di tempo/spazio (le dimensioni corrette sono massa x spazio2/tempo). Che poi c/h abbia le dimensioni di una massa è un errore marchiano: infatti c, essendo una velocità, ha dimensioni di spazio/tempo, perciò c/h ha dimensioni di (spazio/tempo) / (massa x spazio2/tempo) = 1/(massa x spazio). Si può notare, già che ci siamo, come Cassani non si accorga nemmeno di contraddirsi.
6. Non sto qui sostenendo che la fisica sia un mondo verginale dove regna incontrastato un amore purissimo e disinteressato per la Verità. So benissimo, per esperienza anche diretta, come siano presenti gelosie, invidie, lotte di potere ed interessi anche economici. Questo, però, influenza assai poco la valutazione delle ipotesi e dei dati scientifici visto che ognuno si rende perfettamente conto di come la propria posizione dipenda in ultima analisi dalla validità del proprio lavoro ed è perciò interessato a che quest'ultimo sia il più solido ed avanzato possibile, per non essere demolito o sorpassato dai rivali.
7. M. von Laue, Das Relativitätsprinzip (Vieweg, 1911). Von Laue era già celebre: ricevette il Nobel per la Fisica nel 1914.
8. Il primo libro di Cassani, Il Campo Unificato, è del 1984.
9. Per averne un'idea, si pensi che Einstein quando studiava all' ETH di Zurigo rovinò i propri rapporti con quello che era il suo protettore perché insisteva a chiamarlo "Herr Weber" invece che col più rispettoso "Herr Professor" [Cfr. R.W. Clark Einstein: the life and times (Avon, 1971) o D. Brian Einstein: a life (Wiley, 1996)].
10. Grossman era amico di Einstein sin dai tempi dell'ETH, che frequentarono negli stessi anni. G. divenne un matematico di nome, cosicché quando E. si rese conto di aver bisogno di una matematica al di là delle sue conoscenze è naturale che si rivolgesse a lui per sapere se ci fosse in giro qualcosa che faceva al caso suo. Sebbene G. non ne fosse un esperto, era un matematico abbastanza competente da capire che la geometria differenziale era quello che serviva. Trovò quindi le referenze adatte (la geometria differenziale era ancora in fase di elaborazione) ed aiutò E. a padroneggiarla, cosa per cui diversi lavori preliminari sulla RG portano entrambe le firme. Dopo un certo tempo E. era in grado di fare da solo ed i lavori finali sono firmati solo da lui.
11. "Se un generale intende conquistare una città nemica, egli non cerca sulla carta geografica la via più breve per giungervi; egli sarà piuttosto costretto a seguire le vie più tortuose. [...] Nello stesso modo lo scienziato non chiede quali siano i problemi correntemente più importanti, ma `quali sono i problemi risolubili ora?', oppure, semplicemente, `in quali problemi possiamo fare qualche progresso piccolo ma genuino?'.[...] In tal modo le scienze della natura sembrano tali da perdere completamente di vista i problemi grandi e generali; ma ancora maggiore è il successo quando, procedendo a tastoni nel roveto dei problemi particolari, improvvisamente troviamo una sia pur piccola apertura che ci permette una vista d'insieme sino ad allora impensata." L. Boltzmann, citato in E. Bellone, Il mondo di carta, Mondadori 1976, cap. II. Si noti che Boltzmann non era una formichina: l'audacia delle sue idee in Meccanica Statistica causò accese controversie che durarono molti anni.
Analoghe osservazioni si potrebbero fare per tutti gli altri rami della scienza. L'Origine delle Specie di Darwin, uno dei testi più rivoluzionari e di ampio respiro mai pubblicati, non inizia con grandi affermazioni di principio, ma con un capitolo sui piccioni. Lo stesso Darwin si era fatto un nome studiando gli umili rotiferi. Il biologo SJ Gould, noto per le sue innovative e controverse idee sull'evoluzione, scrive: "[...] preferisco affrontare un un piccolo problema, se la sua soluzione mi permette di dare un contributo per quanto modesto alla conoscenza, piuttosto che prenderne di petto uno grande, di una complessità così mal definita da permettermi solo di cianciare o di o di pontificare su cose troppo grandi e intangibili" (Sette Piccoli Porcelllini, Bompiani 1994, cap.27). Si noti la somiglianza con le parole di Boltzmann.
12. Cfr. p. es. J. Callaway, Quantum Theory of the Solid State, Academic Press, par. 2.1.3, o qualunque testo intermedio di Fisica dello Stato Solido.